Lo “sviluppo sostenibile” è diventato il leitmotiv di numerosi incontri scientifici che riflettono su quanto sia possibile fare per affrontare la crisi ambientale, energetica e delle risorse, crisi che stiamo vivendo fortemente.
Al contrario una grande parte del mondo ancora pensa che ora vi sia in atto una crisi economico-finanziaria da affrontare e che sia secondaria e trascurabile quella ambientale rispetto all’urgenza delle necessità monetarie.
Purtroppo le leggi fisico-ambientali non attendono che la cultura dell’umanità faccia i suoi progressi e ne aumentino la consapevolezza, ma procedono veloci ed inesorabili verso il deterioramento del nostro benessere ambientale e sanitario.
Ecco perché è importante che le buone idee sostituiscano rapidamente quelle ancora di vecchie concezioni.
“Bisogna osare per aiutare la Terra” queste le parole di Papa Francesco “non possiamo più girarci dall’altra parte mentre le foreste si dissolvono, i deserti avanzano, i mari diventano acidi e le tempeste si intensificano. Occorre una conversione ecologica urgente e decisiva per la sopravvivenza.”
Seguendo questo concetto il Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha pronunciato il discorso annuale sullo stato dell’Unione dinanzi al Parlamento europeo, tracciando il punto in cui l’Europa si trova rispetto alla riduzione delle emissioni di CO2.
Un discorso programmatico molto chiaro e forte, che ha illustrato le modalità con le quali l’Europa intende affrontare i cambiamenti climatici, conseguire la neutralità climatica entro il 2050 e rispettare gli obblighi derivanti dall’accordo di Parigi.
Questo cammino, che ha l’obiettivo di preservare l’ambiente, osteggiare il cambiamento climatico, impedire la perdita di biodiversità, ridurre la desertificazione e frenare l’esaurimento delle risorse naturali, è iniziato nel 1972 con la conferenza di Stoccolma e nel 1987 con il rapporto Bruntland (rapporto elaborato nell’ambito della Nazioni Unite) che affermò : “in una prospettiva di lungo termine esiste la possibilità di rendere compatibili lo sviluppo economico e la protezione ambientale, a patto che venga attuato un radicale cambiamento nella gestione economica in tutto il Mondo”.
Proseguendo nella riflessione sullo stato dell’ambiente nel Mondo è doveroso soffermare l’attenzione sulla pandemia da Covid-19, che ha rappresentato una sorta di corto circuito ambientale ed economico.
Infatti, sul deterioramento dell’ambiente e della conseguente fragilità del suo equilibrio, che comporta problemi legati alla salute, uno studio commissionato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel settembre 2019, lanciava un drammatico allarme sul pericolo imminente “di una pandemia in rapido movimento, altamente letale, dovuta ad un agente patogeno respiratorio in grado di uccidere da 50 a 80 milioni di persone e di spazzar via il 5% dell’economia mondiale”.
Ancora scrisse: “ Gli amplificatori delle malattie, tra cui la crescita della popolazione e le conseguenti tensioni sull’ambiente, il cambiamento climatico, la densa urbanizzazione, l’aumento esponenziale dei viaggi internazionali e delle migrazioni, sia forzate che volontarie, aumentano il rischio per tutti, ovunque”.
Potremmo altresì ricordare lo studio dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, nel febbraio del 2020, che sintetizzava la crisi pandemica in questo modo: “deriva da un drastico aumento dell’appropriazione delle risorse naturali da parte dell’uomo (…) dai cambiamenti alimentari connessi ad un maggior consumo di prodotti animali e da un maggior bisogno di energia”.
Ecco perché il paradigma evocato da Papa Francesco, nell’enciclica del 2015, in cui “tutto è in relazione”, “tutto è collegato”, “tutto è connesso”, propone una riflessione forte e complessa su temi fondamentali che riguardano la Terra ed i suoi malanni.
L’obiettivo quindi è quello di sanare una frattura tra l’umanità e l’ambiente.
Al contrario l’esaltazione antropocentrica, avvenuta in questi ultimi decenni, ha prodotto effetti che sono evidenti e che hanno avuto conseguenze destabilizzanti sul piano fisico, chimico e biologico, ma soprattutto etico.
Gli esiti di questo governo delle “cose” ha portato alle depredazioni ambientali ed all’uso prevalente di combustibili fossili, che ci ha condotto a raggiungere la notevole cifra di cinquantuno miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra all’anno nel Mondo.
Importanti quindi sono le pronunce dell’Unione Europea ed in tanti altri Stati nel Mondo, che invertono questa concezione ed individuano un diverso percorso nella gestione delle risorse ambientali e la riduzione dei cosiddetti gas serra, che ci portano ad uno sguardo più fiducioso e positivo nella soluzione di questi problemi.
I documenti programmatici di molti Paesi, ma soprattutto in Europa, indicano in modo chiaro la necessità di instaurare una solidarietà sociale, politica e istituzionale che sia in grado di concepire un rapporto tra uomo e natura paritario, che possa dare una visione più ottimistica di quanto riusciremo a fare, tutti insieme, entro il 2050.
E’ importante ricordare che il motore della Finanza Green in Europa saranno i fondi dell’Ue destinati alla riduzione delle emissioni di CO2, entro il 2050, che vede un investimento di quasi 1.000 miliardi.
La Ue, con questo obiettivo, mette a disposizione il 25% di tutti i suoi fondi, il 35% del programma InvestEu, nonché il supporto finanziario della BEI (banca europea).
Cento miliardi, di quei fondi, saranno destinati ai settori ed alle regioni che saranno più colpiti dalla transizione Green in quanto più dipendenti dai combustibili fossili.
L’Europa mette a disposizione nell’immediato 7,5 miliardi iniziali, ed all’Italia andranno 400 milioni, che potrebbero essere utilizzati per le aziende del Sulcis e dell’Ilva impegnate in una riconversione green.
Parlando di Finanza Green sempre più Paesi, organizzazioni e finanziatori indirizzano i loro investimenti su progetti volti all’uso razionale delle risorse energetiche : nel Mondo infatti sono state emesse obbligazioni per 581 miliardi di euro per progetti Green ( di cui 225 miliardi nella sola area Ue).
Il primo Green Bond al mondo è stato emesso dalla BEI, la Banca europea per gli investimenti, che è riuscita a raccogliere oltre 26,7 miliardi di euro, e che sono stati impiegati in 256 progetti in 52 Paesi europei.
Ad esempio in Italia, con questi finanziamenti, sono stati finanziati Parchi Eolici in Sicilia, Campania, Basilicata, Puglia e Abruzzo, centrali fotovoltaiche e l’efficientamento energetico di edifici pubblici.
Nella finanza privata sono stati emessi Green bond in modo esponenziale.
Le società emittenti in Italia sono Enel, Iren, Hera, Terna, Ferrovie dello Stato, A2A, Erg, Intesa San Paolo, Ubi e Generali.
Quindi sempre più società energetiche o di utilities, colossi dei trasporti (per finanziare la costruzione di treni con materiali riciclabili) e banche investono in edifici green, mobilità pulita e gestione corretta dei rifiuti.
Il fenomeno quindi è molto grande ed ha richiesto la regolamentazione con Leggi e con un piano europeo nei diversi settori.
Lo scenario della sostenibilità ha portato a scelte strategiche, di tipo Top-down, che ha coinvolto il Parlamento europeo con il varo di norme europee sul risparmio energetico, sull’uso razionale delle fonti e la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili.
Quindi ora, alla luce di questi provvedimenti, potremmo affermare “evviva l’Europa!” che sta decisamente conducendo i Governi e le popolazioni europee ad una svolta ambientale.
Un ulteriore ed importante stimolo, di tipo Bottom-up, è venuto con il “Covenant of Mayors” cioè il “Patto dei Sindaci”, nato per creare i presupposti che favoriscano il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi climatici nei singoli territori europei.
Il Patto dei Sindaci, nato nel 2008, riunisce gli Enti locali e regionali, su base volontaria, per implementare gli obiettivi comunitari su clima ed energia ed applicarli nel proprio territorio.
All’inizio l’obiettivo era la riduzione, in queste città e territori, delle emissioni di CO2 del 20% entro il 2020.
Nel 2017 è stato annunciato il nuovo Patto globale dei Sindaci per il Clima e l’Energia con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 40% entro il 2030, del 60% entro il 2040 e dell’80% entro il 2050.
In primo luogo i numeri dello sviluppo del progetto che ha coinvolto numerose città : 4.600 enti locali dislocati in tutta Europa, fino dal primo progetto PAES.
L’iniziativa successivamente è cresciuta raccogliendo più di 7.000 enti locali e regionali in 57 Paesi.
Quindi possiamo con soddisfazione pensare che sta avvenendo in Europa un grande processo di modifica dell’utilizzo delle risorse ambientali, accompagnato da una pianificazione attenta dei processi di impiego dell’energia, dei trasporti, della mobilità, e negli edifici che porterà ad uno sviluppo veramente sostenibile.
Possiamo inoltre affermare che sta prendendo piede sempre più una consapevolezza dell’importanza di queste nuove e buone idee, che portano al coinvolgimento di Amministratori locali, ma soprattutto delle singole persone, rendendoli consapevoli che ognuno debba e possa fare la propria parte per quanto piccola possa essere, ma fondamentale.
Nell’ottica di lungo periodo le Amministrazioni ed i singoli cittadini dovranno partecipare a trasformazioni radicali su temi importantissimi e delicati come la mobilità e l’energia.
Ecco perchè il progetto del PAES nato nel 2008 ora, nella prospettiva del raggiungimento degli ambiziosi obiettivi del 2050, è diventato PAESC cioè Patto dei Sindaci per il “Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile ed il Clima”.
Sono state attivate piattaforme informatiche, coordinatori territoriali e finanziamenti europei e nazionali per raggiungere tutti insieme gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, come prospettati dalla presidente Ursula von der Leyen.